Uscita dalla chiesa ad una cerimonia di matrimonio

L’uscita dalla chiesa Ha luogo in modo ordinato e soprattutto discreto, si può formare di nuovo un corteo dietro gli sposi, oppure, più comodamente, parenti ed amici possono uscire alla spicciolata, mentre gli sposi e i testimoni convengono al momento delle firme sul registro.
Prima di salutare gli sposi, il parroco consegna loro un libretto con data e luogo del matrimonio e tante pagine bianche da riempire con i nomi dei figli che verranno, ricordando alla nuova famiglia che lo scopo dell’unione religiosa è quello della procreazione.
Poi lo sposo offrirà il braccio destro alla neo-moglie e, insieme, si avvieranno all’uscita.
Sul sagrato della Chiesa parenti ed amici provvederanno al consueto lancio del riso.

Storia del matrimonio in Europa

Il diritto romano obbligava alla monogamia, mentre ammetteva la prostituzione, il concubinato, il sesso extraconiugale, il sesso omosessuale e il sesso con gli schiavi.
All’origine il matrimonio non era basato su alcun rito, era sufficiente la convivenza cum affectione a sancire legalmente l’unione.
Fu con gli ordinamenti dell’antica Roma che, almeno fra le culture mediterranee, ebbe diffusione un criterio distintivo della famiglia “legalizzata” dal rito pubblico, originandosi una sperequazione, non disgiunta da una qualche riprovazione sociale, nei confronti dei “figli naturali” e di quelle che con espressione dei nostri giorni si potrebbero chiamare “unioni di fatto”. Col diritto romano la coppia di coniugi veniva distinta, attraverso il rito di pubblica valenza, come una famiglia, centro di imputazione di una raggiera di diritti e di obblighi, tanto fra i coniugi che fra questi ed il mondo esterno, la posizione dei figli situandosi in dipendenza di quella dei legittimi genitori. L’individuazione a fini sociali della famiglia rifletteva tanto l’esigenza di ordinare la materia, quanto il retaggio delle molte variegate formule già in uso presso culture o religioni precedenti l’era romana.
La formula matrimoniale latina, nella sua estrema concisione, “Ubi tu Gaius, ego Gaia”, sintetizza la condizione della donna che la pronunziava e che con questa dichiarazione si sottometteva alla potestas del marito, contestualmente lasciando quella del pater familias, venendone ascritta al complesso dei beni disponibili.
È ben nota la definizione del giurista romano Modestino, secondo cui nuptiae sunt coniunctio maris et feminae et consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio (“le nozze sono l’unione tra uomo e donna implicante un consorzio di tutta la vita, retta dal diritto divino e umano”).
Il matrimonio romano era organizzato dai padri dei futuri sposi, che facevano conoscenza solo al momento del loro fidanzamento (in occasione del quale il giovane promesso sposo offriva del pane). Il matrimonio faceva parte dei doveri del cittadino romano.
La data della cerimonia e il suo svolgimento erano soggetti ai presagi degli auguri, come lo erano tutte le azioni della vita di un Romano.
La sposa era vestita di bianco, coperta dal velarium flammeum, velo di colore arancio, e incoronata di una corona di fiori.
Le justae nuptiae (giuste nozze) erano tuttavia riservate ai soli cittadini romani; era questo l’unico matrimonio riconosciuto dal diritto. In tutti gli altri casi, (un cittadino e una non-cittadina, o una schiava) il matrimonio non era riconosciuto, e i bambini nati da tali unioni erano illegittimi. Gli sposi dipendevano allora dalla giurisdizione del loro paese d’origine. Nel caso degli schiavi, il loro padrone poteva accordargli il contubernium, unione senza valore giuridico, così come poteva romperlo.

Scopo del matrimonio

Il fine del matrimonio è oggetto di acceso dibattito in molte culture: secondo alcuni il matrimonio dovrebbe essere ristretto alle unioni tra un uomo e una donna i quali possono generare figli per poi educarli ed introdurli nella società, mentre secondo altri, che non riconoscono la finalità biologica come primaria preferendo dare priorità ai valori emotivi individuali, la finalità dovrebbe individuarsi nell’esigenza di ottenere rispetto formale e sociale per i contenuti sentimentali dei coniugi.
Secondo quest’ultima linea si dovrebbero considerare matrimoni di pari dignità anche le unioni omosessuali ed altri tipi di unione.

Quando sposarsi?

Le stagioni più in voga restano la primavera e l’autunno anche se c’è un progressivo aumento dei matrimoni invernali. La Chiesa cattolica sconsiglia i matrimoni nel periodo dell’Avvento e nella Quaresima; nel caso si volesse scegliere questi periodi la celebrazione dovrà avvenire in tono molto dimesso. I giorni più indicati sono il sabato e la domenica ma anche lunedì e giovedì sono sempre più diffusi.

Matrimonio: etimologia

La parola “matrimonio“, secondo una visione diffusa, viene dal latino matri munus, “compito della madre”, ovvero anche matrem munere, “proteggere la madre”. L’etimologia indicherebbe una relazione diretta tra l’alleanza d’amore dei due (uomo e donna nel contesto originario) e il compito della maternità/paternità che da essa scaturisce.
In ogni caso, l’utilizzo del termine con riferimento all’unione nuziale si sviluppò con il diritto romano nel quale si diede riconoscimento e corpo al complesso delle situazioni socio-patrimoniali legate al matrimonium.

Matrimonio in chiesa, come funziona?

Fino a qualche tempo fa era possibile scegliere con molta libertà la chiesa dove sposarsi. Spesso veniva scelta una chiesa particolarmente suggestiva o artisticamente importante per ovvi motivi estetici.
Oggi quasi tutte le diocesi italiane sono propense a non concedere l’utilizzo di chiese per celebrazioni matrimoniali quando non ci sia un legame con la chiesa dove si intende celebrare il matrimonio.
In altre parole, il criterio che viene perseguito è che gli sposi debbano celebrare il matrimonio nella chiesa della comunità dove risiedono o dove risiederanno. Questo per far si che la comunità cristiana veda che ci sono degli sposi, cosa che oltre che bella in sè, è anche motivo di conforto per l’intera comunità.
In alcuni casi, per motivi particolari (come ad esempio la devozione particolare ad un Santo oppure il fatto di aver frequentato un’università alla quale è annessa una chiesa) vengono concesse anche chiese diverse da quelle sopracitate.
Riepilogando le chiese che di norma si possono scegliere sono:
  • La chiesa dove risiede la futura moglie o il futuro marito
  • La chiesa dove gli sposi intendono andare a vivere
Per maggiori chiarimenti consigliamo di consultare il proprio parroco oppure di visitare il sito internet della vostra diocesi di appartenenza.
L’offerta
Se vi sposate in chiesa è richiesta un’offerta, che è libera.
L’offerta serve a coprire le spese per la cerimonia (luci, addobbi, riscaldamento, etc..) con l’esclusione dei fiori che sono a carico degli sposi.
In alcuni casi può capitare che il parroco suggerisca un certo importo per l’offerta: la nostra idea è che questa richiesta avvenga perchè, non avendo idea di quanto dare, alcuni sposi hanno dato offerte molto contenute.
E’ un suggerimento e prendetelo come tale: se potete, date, se non potete fatelo presente e date quello che vi sentite di poter dare.
L’ingresso in chiesa
Il galateo impone regole ben precise sull’ordine di comparizione e di ingresso di quelli che a ragione possiamo definire gli attori della giornata. In particolare, lo sposo deve entrare per primo accompagnato a braccetto dalla madre, posizionata alla sua sinistra. Arrivato innanzi all’altare, prende posto di fronte alla sedia di destra. Qui rimane in attesa della futura sposa, che arriva stretta al braccio sinistro dal padre. Arrivata all’altare, di fronte alla sedia di sinistra, il padre, dopo averla baciata sulla guancia, la consegna al futuro marito. In assenza di uno dei due genitori, può compiere lo stesso rituale una sorella, nel caso dello sposo, e un fratello in quello della sposa

La scelta dei fiori

La scelta dei fiori, di quale colore, forma o varietà, rappresenta per le spose una delle decisioni più difficili da prendere, come anche quella relativa alla loro collocazione sia in chiesa sia nel luogo del ricevimento. Ecco allora alcuni suggerimenti utili!

Ingresso in chiesa ad un matrimonio

L’arrivo degli invitati (per i quali non sono ammessi ritardi) e la loro disposizione in Chiesa, viene guidata spesso da un parente degli sposi. L’ingresso può variare per scelta personale, ma, quello tradizionale, si sviluppa nel modo che segue. Lo sposo entra qualche minuto prima dell’inizio della cerimonia, accompagnato dalla madre alla quale porge il braccio destro.
La sposa giunge in Chiesa con un leggero ritardo che, per tradizione, non dovrebbe superare i dieci minuti, giustificato comunque dal fatto che, per il suo arrivo, tutto e tutti devono essere già predisposti all’interno della Chiesa. Il padre, giunto nella stessa macchina della sposa, la aiuta a scendere rendendole omaggio con il primo baciamano, gesto che le spetterà di diritto una volta diventata donna sposata.
Eventuali damigelle e paggetti attendono sul sagrato l’arrivo della sposa.
L’ingresso in Chiesa avviene sotto forma di un piccolo corteo composto dai paggetti seguiti dalla sposa e dal padre che le porge il braccio sinistro, infine troviamo le damigelle che si occupano del velo. Giunti all’altare, il padre affida la figlia al futuro genero, stringendogli la mano e sedendosi al primo banco sulla sinistra.
Seguono i testimoni di ambedue gli sposi e la madre della sposa accompagnata da un parente maschio.
La disposizione dei parenti ed amici in chiesa è la seguente:i testimoni devono essere disposti vicino agli sposi, solitamente vengono preparati i banchi o le poltroncine direttamente da chi addobba la chiesa; a sinistra della navata della chiesa, nelle prime file, andranno i parenti dello sposo ed ovviamente a destra quelli della sposa, poi così predisposti prenderanno posto parenti ed amici e conoscenti di ambedue gli sposi
Nei matrimoni formali o solenni si può formare un corteo nuziale con tutti gli invitati più importanti. Lo sposo attende la sposa sul sagrato insieme ai parenti più stretti delle due famiglie. Quando la sposa arriva, la aiuta a scendere dall’auto, le bacia la mano e le porge il bouquet. A questo punto le persone si dispongono secondo una sequenza precisa. I paggetti aprono il corteo, portando il cuscino con gli anelli. Segue la sposa, al braccio sinistro del padre e subito dopo le damigelle, che sostengono lo strascico. Quindi lo sposo, con la madre al braccio destro. Dietro di loro, camminano insieme la madre della sposa, a destra, e il padre dello sposo, a sinistra. Chiudono il corteo, nell’ordine: i testimoni a coppie, i fratelli e le sorelle, gli zii e le zie, i cugini e gli amici intimi.
Per creare un’atmosfera suggestiva, sarebbe opportuno che ci fosse un sottofondo musicale già all’arrivo dei primi invitati. Sono quattro i momenti salienti del rito che la musica dovrebbe sottolineare: l’ingresso della sposa, l’offertorio, lo scambio degli anelli e il corteo in uscita. Saranno gli sposi a scegliere i brani, possibilmente brevi per non interrompere la celebrazione, d’accordo con gli strumentisti o i cantanti contattati.

Il rito religioso

Avete deciso di sposarvi con il rito religioso?
Allora, oltre a dover fare quanto necessario per il rito civile, sono necessari:
  • Certificato di Battesimo (da richiedere alla Chiesa dove siete stati battezzati);
  • Certificato di Cresima (da richiedere alla Chiesa dove siete stati cresimati);
  • Attestato di frequenza del corso pre-matrimoniale (da richiedere dove avete frequentato il corso).
Con questi documenti vi dovrete recare presso la Chiesa dove avete scelto di celebrare il Matrimonio e com’è prassi, il parroco vi chiederà di effettuare alcuni incontri di preparazione per dare il suo assenso.
Quindi verranno affisse le pubblicazioni, come per il rito civile, per otto giorni e finalmente vi potrete sposare!
Attenzione però se avete deciso di celebrare il matrimonio in una parrocchia diversa da quella di appartenenza, dovrete infatti richiedere il nullaosta al Vicariato.

Il Rito Civile

Avete deciso di sposarvi con il rito civile?
Allora almeno due mesi prima, scegliete il periodo in cui celebrare il rito e recatevi (basta uno solo dei fidanzati) presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza per chiedere di fare la “Promessa di matrimonio”.
L’Ufficiale di Stato Civile vi farà compilare alcuni moduli con cui prenotare il giorno in cui fare la “Promessa” e vi indicherà i documenti necessari.
Una volta fatto questo primo passo il Comune provvederà alle cosiddette “Pubblicazioni” che saranno affisse nell’apposito Albo presso la Casa Comunale.
Le pubblicazioni con le vostre generalità ed il luogo dove sarà celebrato il rito, resteranno esposte per otto giorni consecutivi ed avranno lo scopo di dare notizia della vostra intenzione di contrarre matrimonio al fine di dare la possibilità a chiunque ne abbia motivo di potersi opporre.
Al termine delle pubblicazioni avrete il nullaosta e potrete così prenotare il giorno e l’ora per il rito definitivo.
Attenzione però il rito dovrà celebrarsi entro 180 giorni dal nullaosta pena la decadenza dei certificati e quindi l’obbligo di ripetere di nuovo l’iter.
Da non dimenticare inoltre che se:
  • uno degli sposi è minorenne, ma di almeno 16 anni, occorre l’autorizzazione del Tribunale dei minori;
  • se uno o entrambi gli sposi sono divorziati occorre la copia integrale dell’atto di matrimonio precedente con l’annotazione della sentenza d’annullamento rilasciata dal Tribunale del Comune ove fu celebrato il precedente matrimonio;
  • se uno o entrambi gli sposi sono cittadini stranieri è necessario il nullaosta dell’Ambasciata del paese d’origine.